Pen International

Il Pen? «Un ponte costantemente aperto»: le parole di Mario Vargas Llosa, già presidente dell’International Pen, fotografano bene la funzione attuale e anche l’origine dell’associazione, ormai radicata in 102 Paesi. A fondare il Pen nel 1921 è stata la poetessa Catharine Amy Dawson-Scott (1865-1934) quand’era ancora vivissimo l’orrore della prima guerra mondiale. L’urgenza di rinascere come membri di una collettività pacifica e cooperativa spiega il successo della parola d’ordine lanciata allora dalla Dawson-Scott: sconfiggere le eburnee incrostazioni elitarie, rompere l’isolamento degli intellettuali inglesi. Le origini del Pen sono contrassegnate dal suo nome e da quello di John Galsworthy, che avrebbe vinto il Nobel nel 1932. Primo presidente del Pen inglese, Galsworthy infuse nell’associazione quell’impronta libertaria che, nel 1933, porterà Wells, il nuovo presidente dell’International Pen, a espellere, nel congresso di Dubrovnik, il Club tedesco per non avere preso le difese di Toller, Heidrich e Mann, scrittori esiliati dal nazismo. 
La storia del Pen annovera anche episodi curiosi. Uno di essi fu la mancata espulsione del Club italiano nel 1936, all’epoca della presidenza di Marinetti, acceso esaltatore della guerra. All’origine ci fu un epidermico fair play dei delegati internazionali. Ospiti su una lussuosa nave italiana diretta a Buenos Aires, sede del congresso, fu loro difficile mostrarsi ostili agli italiani, e così accadde che l’ostracismo, sopito per «buona creanza» durante il viaggio, venne rinviato ad altra data finché non se ne parlò più. Un sapore tutto diverso ha l’episodio che vide Foster e Huxley, a capo dell’International Pen, intervenire nel 1937 presso il generalissimo Franco a favore di Arthur Koestler, che venne rilasciato. Difendere gli scrittori dalla violenza più o meno furiosa del potere politico divenne, nel dopoguerra, compito esplicito del Pen, la cui vocazione venne pienamente riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 1948. L’espatrio dal Cile di Pablo Neruda nel 1947, l’assunzione della difesa degli intellettuali greci perseguitati nel ’49 e altri episodi preludono alla decisione di creare, nel 1960, un «Writers in prison committee», da cui gemmò nel 1961 «Amnesty International». Nel congresso di Sidney del 1977 il Pen si dota di uno statuto, da allora sostanzialmente immutato, ruotante attorno alla convinzione che scrivere significa gettare ponti sui fossati più profondi che dividono uomini e donne da un punto di vista religioso, politico e culturale. Intensissima, e se ne capisce il perché, l’attività del Committee durante i lunghi decenni della guerra fredda e del dissenso sovietico. Risale a quell’epoca la proposta di Michael Scammell, traduttore di Solzˇenicyn, di affidare i perseguitati ai vari Club sparsi nel mondo affinché ne promuovessero la protezione e anche la difesa legale. Immediatamente accolta, la pratica dell’affido ha avuto una grande diffusione (per fare un esempio recentissimo: il Pen italiano ha adottato il poeta e giornalista cinese Yang Tongyan, condannato a 12 anni di carcere per attentato alla sicurezza dello Stato, sostenendo economicamente la famiglia e provvedendo alle spese per la difesa legale). Ecco di seguito il nome dei presidenti dell’International Pen: Galsworthy, Wells, Romains, comitato durante la guerra: Hu Shih, Saurat, Wells, Ould, Wilder. E ancora: Forster, Mauriac, Silone, Maeterlinck, Croce, Morgan, Chamson, Moravia, Van Vriesland, Miller, Emmanuel, Böll, Pritchett, Vargas Llosa, Wätsberg, King, Tavernier, Konrád, Harwood, Aridjis e Grusa. 

L'attuale presidente  è il canadese John Ralston Saul, eletto nel 2009.

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