«E io mi pubblico da me»
E l’editore italiano è pronto a raccogliere la sfida. Prezzi bassi e offerte speciali. Tutto pronto per «massificare» il digitale
di MARIAROSA ROSI
E' difficile immaginare che la fortunata trilogia erotica – 50 sfumature di grigio, 50 sfumature di nero, 50 sfumature di rosso – uscita tra il 2011 e il 2012 e che ha venduto più di 70 milioni di copie in 37 Paesi – sia nata senza un editore. Ad accompagnarla al successo, dalla prima stesura apparsa su un sito di fan della fiction fino alle edizioni a stampa da parte di editori in tutto il mondo, è stata l’autrice stessa, la cinquantunenne britannica Erika Mitchell – nome d’arte E.L.James – un lavoro in televisione, due figli adolescenti e un evidente fiuto imprenditoriale. Il film è annunciato per febbraio 2015. Ecco un esempio di autopubblicazione – o meglio di self-publishing, come viene abitualmente chiamata – difficilmente ripetibile e di qualità non certo eccelsa, ma testimone di un fenomeno in continua ascesa.
A renderlo possibile è stata la tecnologia digitale che ci permette di diffondere online i nostri scritti, di valutarne il gradimento in rete, di riprodurli a basso costo in quanti esemplari digitali desideriamo e, a questo punto, di venderli attraverso le numerose piattaforme esistenti, mantenendo il più delle volte tutti i diritti dell’opera. E se poi nel frattempo qualche editore ci avrà notati, potremo negoziare un’edizione a stampa a condizioni vantaggiose.
Sembra tutto semplice ma non lo è perchè, diventati imprenditori di noi stessi, dovremo governare da soli tutto il processo produttivo normalmente svolto dall’editore, dall’editing, alla grafica, alla promozione, alla vendita. Negli Stati Uniti il fenomeno rappresenta giò una consistente fetta del mercato, ma anche in Europa si sta assestando su cifre interessanti. Antonio Tombolini, fondatore di Narcissus è convinto che il self-publishing è oggi quantitativamente l’editore collettivo più importante d’Italia ed è destinato a cambiare tutti i paradigmi dell’industria editoriale. A partire dall’editoria classica che con i suoi qualificati interlocutori – dal direttore editoriale, ai redattori, ai revisori, ai servizi di marketing – garantisce agli autori la sua autorevole tutela. E stabilisce le regole del gioco: anticipo, royalties, tempi di edizione, ristampe. Un legame forte, che molto spesso fa la fortuna degli autori creando il «fenomeno», ma qualche volta può forse ostacolarli e creare scontento. Ma basta questo a rottamare un mestiere di secoli? E' vero che oggi tutte queste funzioni editoriali vengono offerte da consulenti o dalle stesse piattaforme di pubblicazione lungo il percorso di self-publishing, ma resta il fatto che sotto gli occhi del lettore – pensiamo ogni tanto anche a lui – può capitare un manufatto passato semplicemente dalle mani amorevoli della mamma o della zia. Un sistema familiare che qualche volta inquieta non soltanto chi legge, ma anche le associazioni ufficiali di scrittori, che si sono affrettate a inserire nei loro statuti clausole di accesso.
Si va dall’apparente assenza di vincoli (l’italiana Unione Nazionale Scrittori), all’avere in mano un contratto di edizione remunerato e almeno un libro pubblicato in volume (come fa la francese Societé des Gens et des lettres), fino alla concretezza del mondo anglosassone, che mette l’accento sul numero
di copie vendute a garanzia di un mestiere acquisito (la britannica Society of Authors), o sulla pratica virtuosa del socio che non deve mai essersi fatto tentare dall’editoria a pagamento, la famigerata Vanity Press (la statunitense Science Fiction and Fantasy Writers of America). Ma quanto vale questo mercato? Mark Cocker, il fondatore di Smashword, il più grande distributore al mondo di libri autopubblicati (comprende i bookstore di Apple, Barnes and Nobles, Amazon, Sony e Kobo) ha parlato di vendite per 120mila ebook e 12 milioni di euro nel solo periodo maggio 2012-marzo 2013 ma ha anche ribadito che i best- seller sono – come nell’editoria tradizionale – pochissimi. Si alimentano invece, a suo parere, fortuna e guadagni per quegli autori indipendenti che riescono a fare del proprio nome un marchio riconoscibile e a guadagnarsi pian piano un discreto numero di copie endute. Anche Antonio Tombolini, in un’intervista ad Affari Italiani, parla di una classe media di autori che non trova spazio nell’editoria tradizionale, ma che comincia ad affermarsi con introiti mensili, pur bassi, ma fissi. Nel mercato italiano in cui è molto raro trovare chi vive di scrittura come primo lavoro è una novità di non poco conto. Certo, i costi leggeri del digitale spingono a sovraprodurre, e c’è chi parla della nuova figura dell’«autore compulsivo», come l’americano Russel Blake, che ha scritto 25 thriller in 30 mesi perchè «il ferro va battuto finchè è caldo». Pensiamoci. Intanto, basta una passeggiata sul web per incontrare nuove realtà e continui stimoli per l’aspirante autore ma anche per il lettore a caccia di ebook , dalle piattaforme di pubblicazione (narcissus.me, youcanprint.it, ilmiolibro.it, le princiali in Italia) alle librerie online (Simplicissimus, Book Republic, ma ce ne sono tante), alle scuole (selfpublishingschool.it), agli eventi (come il primo International Self Publishing Festival dello scorso ttobre a Senigallia), alle promesse di un futuro professionale («Caro Futuro», work shop per scrittori che fanno sul serio), o ai siti che vengono in aiuto agli scrittori emergenti (www.viverediscrittura.it).
Le proposte sono davvero tante. Lo scrittore fai-da-te sta dunque per spazzare via l’editoria tradizionale? Non proprio. La lunga filiera della letteratura – quella che di solito resta e diventa patrimonio della cultura – ha attraversato molti cambiamenti (il pensiero corre a Gutenberg e non solo) ma ha sempre vinto la guerra. L’unica possibile. Mantenere alta la qualità di chi scrive per salvaguardare chi legge, e quindi tutti noi. Ma per sapere da quale parte guardare, per incontrare la qualità, abbiamo bisogno di affinare gli strumenti di critica e di partecipazione e oggi non è facile. Non sono pochi quelli che scommettono su un futuro letterario anarchico e digitale, come rivincita verso l’editore tiranno, ma non sono pochi nemmeno quelli che, forse con eccessivo conservatorismo, guardano a questo nuovo mercato con assoluta diffidenza.
Per capire un po’ meglio e dall’interno questo mondo complicato, sempre in bilico tra la vocazione alla cultura e le regole del mercato, ci siamo rivolti a Laura Donnini, laurea in Economia e commercio all’Università di Firenze e amministratore delegato della Rcs Libri. Alla sua lunga esperienza editoriale, maturata in diverse case editrici – dalla Mondadori, alla Piemme, alla Harlequin Mondadori, il colosso mondiale dei romanzi femminili – ma anche alla sua formazione manageriale forgiata in importanti aziende internazionali, come Johnson Wax e Manetti&Roberts, chiediamo quali sono i cambiamenti del mondo editoriale e della comunicazione in un momento in cui la tecnologia ha impresso loro un’accelerazione che non va ignorata ma, crediamo, osservata e guidata.
Il Self-publishing: opportunità o minaccia per l’editore?
Una realtà, innanzi tutto. Il digitale l’ha resa possibile e sarebbe complicato – e forse inutile – combatterla. Valga per tutti il successo di Amazon in tutto il mondo. Quanto ad una minacia, penso che il problema non si
ponga, perchè la lunga filiera del lavoro editoriale va ben oltre la pubblicazione, che è solo una tappa del percorso. Il self-publishing può invece essere un’opportunità per l’editore, una finestra di osservazione aperta sul web.
L’editore è spesso accusato di puntare solo su cavalli vincenti trascurando del tutto gli esordienti. E' vero che così si è dato spazio al self-publishing?
Non è vero. L’editoria non è fatta solo di successi. Un buon testo, una bella copertina, un lancio azzeccato sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Importante per un editore è avere buoni editor che sappiano orientarsi nel mare magnum delle proposte e scegliere quelle che abbiano caratteristiche di successo, certo, ma che siano anche coerenti con il proprio marchio e capaci
di lasciare il segno. Perchè è su questo che l’editore costruisce la sua immagine e la sua attendibilità. Il self-publishing si spiega piuttosto con la sovrabbondanza dell’offerta di manoscritti in circolazione.
L’autore che si autopubblica riceve mediamente royalties sulle vendite dal 50 al 70%. E mantiene la proprietà dei diritti. Come può un editore, con le sue royalties, spesso a una sola cifra, competere con questi compensi?
Non può competere. I costi che mette in gioco per l’autore, anche quando si tratta di libri digitali, – anticipo sulle royalties, costi di redazione, stampa, lancio, pubblicità – sono anticipati e non comprimibili. La finalità non è solo il successo del libro ma anche la promozione dell’autore nel lungo periodo. Il contributo della squadra editoriale è, in questo senso, fortissimo. Il file di un testo lanciato su una piattaforma da un self-publisher va con le sue gambe. E' un’altra storia.
Pochi autori in Italia possono vivere di sola scrittura. Colpa del poco talento o di ragioni più obiettive, come l’esiguità del mercato che non consente proiezioni di vendita più ambiziose?
La realtà del nostro mercato è che a leggere almeno un libro l’anno sono meno del 50% degli italiani. Un dato che si commenta da solo.
Si sa che il digitale richiede strutture di investimenti e costi molto più snelli dell’editoria analogica. Come si prepara un grande editore a raccogliere questa sfida?
Cavalcandola. E cioè sfruttando tutte le risorsecheildigitalestesso mette
a disposizione. Digitale non significa solo ebook. Oggi l’editore può offrire in rete contenuti differenziati che possono raggiungere tutti, massimizzando la potenzialità di un libro, di un autore, di un progetto.
Può essere presente là dove la gente si informa, e cioè nei network letterari, neiforum, neisitidedicati. Questo è il valore che un editore deve cogliere oggi. Per affrontare il cambiamento e vincere la sfida.
Un ebook viene venduto da 0,99 a 12 euro circa. Per quale ragione una soglia di prezzo così bassa? A chi conviene, oltre al cliente naturalmente?
E' difficile giustificare al lettore un prezzo così basso – mediamente dal
30 al 50% – del digitale rispetto alla carta. Ma il digitale ha una sua logica. Il prezzo basso, le promozioni, le
offerte speciali, servono a aumentare il numero di copie vendute, a salire nelle classifiche, a testimoniare una presenza. I libri possono avere piccole tirature ma l’oscurità è la vera minaccia del digitale. L’editore deve necessariamente massificare.
Penguin, attraverso la Authors Solutions, acquistata due anni fa, offre agli esordienti – ma anche ai professionisti e perfino
agli editori – servizi di autopubblicazione. Dall’editing, alla distribuzione, alla stampa,
al marketing. Che cosa pensa di questa iniziativa? Prenderà piede anche in Italia?
Io non ci credo. Lascerei a terzi questo mestiere. E' una mossa che in America, per esempio, non ha avuto grandissimo successo. Inoltre è costosa e antitetica rispetto all’immagine di un editore.
Qual è stato l’aspetto positivo
di Rizzoli first e You crime, le due collane interamente digitali della Rizzoli?
Ci hanno permesso di sperimentare il digitale in prima battuta e ci hanno convinto che le due strade sono sinergiche. Una aiuta l’altra.
«Se sei un editore, smetti di brontolare contro Amazon e cerca di diventare parte del suo successo». Cosa le fa pensare questa frase di Beth Bacon, stratega americana del digitale?
La politica delle acquisizioni, delle alleanze, e della multicanalità è dunque la sfida che oggi un grande editore non può non accettare?
Condivido pienamente questo pensiero. Credo che la politica delle partnership e delle alleanze sia da perseguire da tutti gli editori. Grandi e piccoli. Non bisogna avere paura. Nell’alleanza, ciascuno faccia il suo mestiere. Missione comune? Aumentare il numero dei lettori.
Pensa che la piccola e media editoria abbia più o meno opportunità dei grossi gruppi – come Rizzoli e Mondadori – di restare in questo mercato che cambia?
Il mercato – un po’ dappertutto - va oggi verso le concentrazioni. Questo non esclude che possano esserci sinergie tra editori o anche trasformazioni di business per adeguarsi a domanda e richiesta.
Parliamo di futuro. Pensa come molti che il libro di carta stia per estinguersi o come altri
– per fortuna ci sono – che la convivenza, pur turbolenta, durerà per sempre?
Il dato consolidato del mercato americano è che il digitale ha raggiunto il 25-30% del totale delle pubblicazioni. Questa realtà si consoliderà anche negli altri Paesi. Sono però convinta che l’esperienza di ettura continuerà sui due binari. E in modo sempre più soddisfacente per i lettori.
Dia tre buone ragioni all’aspirante autore per convincerlo a pubblicare con un editore.
L’editore è garante della qualità per definizione. Offre migliori servizi di promozione e marketing. Sa costruire con metodo e intelligenza un best-seller.
Dia tre suggerimenti da editore a chi voglia autopubblicarsi.
Scelga una piattaforma digitale che assicuri il massimo dei potenziali lettori. Valuti con obiettività la capacità di promuovere sè stesso oltre che il libro. Non è facile come si crede. Si assicuri un primo capitolo strepitoso. Qualche volta una partenza straordinaria sul web è sufficiente.
Dia tre consigli ai lettori per orientarsi nel web senza perdere la bussola.
Prima di tutto, sapere bene quello che si vuole. La ricerca va orientata in modoprecisoperevitare dispersioni. Ascoltare il parere in rete di chi condivide i nostri stessi gusti. Ci sono tante community e siti frequentati dagli amanti dei libri che possono davvero aiutarci a scegliere. Cercare i contenuti extra disponibili sui siti degli editori e dei social media: dalle anteprime, ai video, alle interviste con gli autori.
E' un modo molto coinvolgente di entrare nel mondo dei libri.
Tratto da pp. 10-13 della Rivista 26-27/2014