Giorgio Mannacio

Giorgio Mannacio
Giorgio Mannacio

Giorgio Mannacio  è nato in Calabria nel 1932 e vissuto quasi sempre a Milano. Fino al 2004 ha esercitato la professione di giudice. Dopo un esordio con due epigrammi pubblicati suIl Verrinel 1959 (nella rubrica Diario minimo cura­ta da U. Eco), ha pubblicato poesie su “Il Caffè" dì Vicari (1963-1966), su L’Almanacco dello Specchio Mondadori (1977), su varie riviste letterarie e su “Il Corriere della Sera”. In volume: Comete e altri animali (Sabatelli 1987 con pre­fazione di Vico Faggi), Preparativi contro tempi migliori (Aleph 1993, con pre­fazione di Giovanni Testoni), Storia di William l’era (Campanotto Editore 1995), Fragmenta mundi (Edizioni del Leone 1998) e Visita agli antenati (Philobiblon 2006, con prefazione dì Arturo Schwarz). Scrìtti teorici sulla poesia sono stati pubblicati su Molloy(1989-1993), su “Il Monte Analogo(2009) e su “Ippocrene” (2008 - 2009).

Dalla periferia dell'impero Edizioni del Leone (collana Poesia)

"Oltre il pessimismo dell’intelligenza, la volontà ricompone le maglie di un possibile reticolato contro il quale si arresti la ricognizione del reale: un argine, dal quale valutare per l’ennesima volta se valga la pena resistere o cedere e abbandonarsi alla corrente del nulla. È il territorio nel quale si dispone, con misura e forza espressiva, la poesia di Giorgio Mannacio. Sono le idee e i pensieri a reggere e ad animare i movimenti del discorso. Un discorso sinuoso di specie meditativa e anche più propriamente filosofica; ma non del genere che approda alla sentenziosità gnomica, che è anzi del tutto assente. Un discorso in cui, facendo leva sui nessi sintattici, il pensiero emerge dal suo fondo, chiarendosi nell’evidenza intuitiva di una verità; una verità appunto che si dipana come il filo dalla matassa, aprendosi verso la molteplicità delle prospettive, elastica rispetto a una realtà che “nasconde e svela il suo segreto”; nel segno di quel l’urgenza esistenziale che è la radice della sua, come dell’universale riflessione: il tempo e la memoria, la vita e la morte, il pieno e il vuoto, ordine e disordine... Dalla periferìa dell'impero è il titolo ricapitolativo dell’intera raccolta. Titolo esemplare nella sua coniugazione di attivo e passivo, di marginalità e di messa a fuoco, di apparenza e di verità; con quella carica creativa che sempre balena dall’esperienza pura e semplice e con quella scintilla di comprensione che si sprigiona dal finito e dall’indefinito inseguita con “una pazienza senza fine” e sempre dentro il dubbio che rinnova la domanda: “Quale sarà la strada / più conveniente da imboccare?”, in tutte le situazioni e in tutte le esperienze della vita, anche in relazione al senso e alle valenze multiple e contraddittorie dell’amore. Il modello formale è il componimento di breve o media lunghezza, il più possibile svincolato dai termini obbligati della punteggiatura, per ottenere il fluente esito del parlato e, insieme, l’effetto insinuante della dispersione a macchia d’olio ma nella più puntuale e incisiva precisione, nei moduli rarefatti di una poesia intensa e coinvolgente". dalla prefazione di  Paolo Ruffilli.

Sul  Corriere della Sera del 29 giugno 2010 un articolo di Sebastiano Grasso, Mannacio, in maschera dietro le quinte .

 

 
 

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