di ERKUT TOKMAN
Se l’Unesco ha dichiarato il 21 marzo «Giornata mondiale della Poesia», lo si deve al Pen Turchia, il cui presidente, Tarik Günersel, nel 1997, ha lanciato la proposta al Congresso Internazionale del sodalizio a Edimburgo. Sostenuta all’unanimità dall’Assemblea dei delegati, l’idea è stata «girata» all’organizzazione delle Nazioni Unite, che l’ha subito fatta propria. Il Pen turco è stato fondato nell’aprile del 1950 dalla giornalista e scrittrice Halide Edip Adıvar. Attivista civile, famosa per il suo impegno durante la guerra di liberazione guidata da Atatürk, che seguì la Grande guerra. Prima di fondare a Istanbul il Centro Pen, aveva fatto parte di quello inglese. Chiuso per otto anni, dopo il colpo di Stato militare del 1980, il Pen Turchia – che si è sempre espresso a favore della democrazia e dei diritti linguistici – riprende le sue attività nel 1989, grazie all’umorista Aziz Nesin (già presidente dell’Unione scrittori turchi), al romanziere Yasar Kemal, allo scrittore Adnan Özyalçıner e al poeta Sennur Sezer. I suoi presidenti: Halide Edip Adivar, Refik Halit Karay, Sabri Esat Siyavushgil, Yasar Nabi Nayir, Tahsin Yücel, Yasar Kemal, Shükran Kurdakul, Alpay Kabacalì, Üstün Akmen, Vecdi Sayar, Inci Aral e, adesso, Tarik Günersel. Il Pen Turchia è un club multilingue. Alcuni membri scrivono in lingua curda (come il poeta Arjen Ari), georgiana (come il poeta bilingue Fahrettin Ciloglu), armena (il poeta Ikna Sariaslan), ladina e altre. Fra i centri fondatori delle associazioni regionali del Pen Ural Altay Solidarity Network e del Pen Balkan Network, il Centro turco fa parte dei quattro comitati del Pen International: Scrittori in prigione (Wipc), Traduzione e diritti linguistici (T&Lrc), Donne scrittrici e Scrittori per la Pace (Wfpc). Il Pen turco assegna riconoscimenti non solo a scrittori nazionali (ad esempio, per la narrativa, a Leyla Erbil), ma anche ad autori di altri Paesi: al poeta cubano Pablo Armando Fernández, al romanziere macedone Vlada Urosevic, allo scrittore irlandese Leland Bardwell e all’etiope Aschalew Kebede. Fra i soci onorari, passati e presenti, il Nobel José Saramago (Portogallo), Eugene Schoulgin (Norvegia), Ekbal Baraka (Egitto), Zargana (Myanmar) e Shi Tao (Cina). A causa della crescente oppressione (motivi religiosi e censura) del governo Erdogan, una delegazione del Pen Internazionale, guidata dal presidente, John Ralston Saul, e formata da Hori Takeaki, Eric Lax, Marian Botsford Fraser, Eugenio Schoulgin, Sarah Whyatt, e da alcuni membri dei Pen inglese, norvegese ed altri, ha incontrato il ministro turco per l’Unione Europea, Egemen Bagish, e il presidente Abdullah Gül per i problemi legati alla mancata libertà di espressione. Facevano parte della delegazione, l’attuale presidente del Pen turco, Tarik Günersel, e la giornalista-scrittrice Zeynep Oral, diventata recentemente membro anche del Pen Italia. La situazione attuale è molto pesante. Diversi membri del Pen turco sono tutt’ora in carcere.
Il giornalista Mustafa Balbay dopo 5 anni in prigione (per il caso Ergenekon), quest’anno è stato definitivamente condannato a 34 anni di detenzione. L’attivista per i diritti umani, avvocato e scrittore, Muharrem Erbey, è rimasto in carcere a Diyarbakir (per il caso Kck) per quasi quattro anni, pur senza essere stato processato. Pinar Selek, socia Pen, sociologa femminista e attivista per i diritti umani, costretta a rifugiarsi inizialmente in Germania e, attualmente, in Francia, accusata di «pubblico attentato», giudicata per ben tre volte «non colpevole», recentemente è stata ugualmente condannata all’ergastolo per «aver provocato l’esplosione di una bomba e diversi morti», anche se le perizie avevano dimostrato che non c’era alcuna bomba e che l’esplosione era dovuta ad una fuga di gas.
L’oppressione in Turchia peggiora di giorno in giorno: le proteste pacifiche al Parco Gezi nel mese di giugno scorso sono state represse con violenza dalla polizia, causando la morte di sei persone e la perdita di un occhio da parte di altre undici. Il direttivo del Centro turco e il poeta Nihat Atesh, direttore del sito Pen, sono stati indagati per una protesta che riguardava il musicista Fazil Say, recentemente condannato a 10 mesi a causa di un re-tweet, un commento satirico via internet su versi del poeta iraniano Omar Khayyam.
(Trad. dall’inglese di Rayna Castoldi)
Tratto da pp. 10-11 della Rivista n. 25/2013