IIC nel mondo: Eppure «produrre cultura» rende almeno il 15% dell’economia nazionale

IIC nel mondo: Eppure «produrre cultura» rende almeno il 15% dell’economia nazionale
L’esempio della sede di Edimburgo e del suo Festival

Strategie e progetti per gli Esteri, senza fondi da destinare alle relazioni con gli altri Paesi.

Eppure «produrre cultura» rende almeno il 15% dell’economia nazionale

di STEFANIA DEL BRAVO

 

Nel 1983 venne istituito  l’Edinburgh International Book Festival (Eibf): l’unica manifestazione di questo genere in tutto il Regno Unito. In quell’anno Margaret Thatcher guidava il governo inglese, il muro di Berlino divideva ancora le due Germanie, Nelson Mandela era in prigione ed Internet sembrava ancora una bizzarra invenzione. In trent’anni il panorama mondiale é radicalmente cambiato, la geografia territoriale, sociale e politica del mondo é stata sconvolta dagli eventi, ed ora la Scozia guarda al referendum sulla sua indipendenza che si terrà nell’ottobre 2014, proprio nella ricorrenza della battaglia di Bannockburn in cui, nel 1314, l’esercito scozzese comandato da Robert de Bruce sconfisse per la prima volta gli inglesi. Ma il turbinoso ciclo storico non é ancora chiuso e bisogna saper affrontare le sfide del prossimo futuro: sono queste le riflessioni che hanno ispirato la XXX edizione del Festival, allestita  nella tradizionale area della centralissima Charlotte Square. In due settimane (10-26 agosto)  sono state offerte oltre 700 presentazioni di libri (tutti già tradotti in inglese), interviste e dibattiti che hanno richiamato un pubblico di oltre 200mila spettatori. L’anniversario del festival ha offerto l’occasione – come ha affermato il direttore, Nick Barley – per discutere sui radicali cambiamenti avvenuti in tutto il mondo in questi ultimi decenni, che trovano nella letteratura scritta una cassa di risonanza privilegiata, ma anche un modo di guardare al futuro dell’arte, della scienza e anche della politica. Oltre ad approfondimenti sul tema dell’indipendenza che catalizza l’attenzione nazionale, sono molti i temi dibattuti: le libertà civili (con l’intervento di Amnesty International), la sostenibilità ambientale,  la salute mentale - soprattutto degli anziani -, la relazione fra arte e neuroscienze, l’importanza delle traduzioni (nella sezione Multiples), le relazioni tra musica e letteratura (tema trattato, fra gli altri, dal pianista Alfred Brendel). Tra i nomi di maggior richiamo – sono oltre 800 gli scrittori che hanno preso parte al festival – basta citare Salman Rushdie, Kate Mosse, la canadese Margaret Atwood e Ian Rankin, scozzese di Edimburgo autore di bestsellers «noir». Anche l’Italia, con il supporto del nostro Istituto di Cultura di Edimburgo, era presente al festival con Niccolò Ammanniti, Rita Monaldi e Francesco Sorti (Monaldi&Sorti) e Giorgio Vasta. Niccolò Ammanniti ha presentato il suo ultimo libro Che la festa cominci (Einaudi), tradotto in inglese da Black Cat/Grove Press (Let the Party begin), una storia di amara ironia sulla fatuità e il vuoto che si nasconde dietro la patina del successo «drogato» dai media, mentre Giorgio Vasta – autore emergente presente anche alla Mostra del cinema di Venezia come sceneggiatore del film di Emma Dante Via Castellana Bandiera – ha dato vita a un dibattito molto interessante sul suo libro Il tempo materiale (Minimum Fax), pubblicato in inglese da Faber & Faber (Time on my hands). 

La coppia Monaldi&Sorti, praticamente sconosciuta in Italia ma molto nota all’estero, vive stabilmente a Vienna e pubblica – ormai da diversi anni – solo in lingua inglese per la casa editrice olandese De Bezije Bij. I loro libri, Imprimatur (2002), Veritas (2005), Secretum (2006), Mysterium (2009) si basano su fonti storiche originali e narrano le complicate vicende di Atto Melani, un cantante castrato vissuto fra il 1626 e il 1714, ma anche diplomatico e spia (era uno degli agenti preferiti dal Re Sole), ben introdotto nell’alta società, amico di papi, principi e re. Rita Monadi e Francesco Sorti rappresentano un caso a parte nella nostra letteratura attuale: dopo il diverbio con Mondatori a seguito della pubblicazione di Imprimatur (2002), hanno lasciato fisicamente l’Italia e le edizioni originali (in italiano) dei loro primi volumi sono diventate oggetto di collezionismo. Nella ricchissima offerta letteraria del festival, si segnala infine la presentazione delle lettere di Italo Calvino tradotte – come diversi altri suoi libri – da Martin McLaughlin (università di Oxford). L’evento, cui ha partecipato anche l’altro specialista di Calvino, Michael Wood (università di Princeton) è stato moderato da Joseph Farrell, professore emerito di italianistica all’ateneo di Strathclyde (Glasgow), che, nel 2013, con il libro Sicily: a cultural landscape, ha vinto il Premio Flaiano.

Tratto da pp. 20-21 della Rivista n. 25/2013

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