I PRESIDENTI ITALIANI DEL PEN 1932: Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944)

I PRESIDENTI ITALIANI DEL PEN 1932: Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944)

Fischiato, sfida a duello i suoi critici Le prime esperienze influenzate da Mallarmé e D’Annunzio

di EMANUELE BETTINI

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1876, Emilio Angelo Carlo (è questo il vero nome di Marinetti) già da studente si sente fortemente attratto dal mondo letterario e fonda la rivista scolastica Papyrus. I Gesuiti, presso i quali studiava, lo minacciano d’espulsione perché ha portato a scuola un romanzo di Émile Zola. La famiglia decide di mandarlo a studiare a Parigi. Rientrato in Italia, si laurea in giurisprudenza nel 1899. La prematura morte a soli 21 anni del fratello Leone dà una svolta alla sua giovane vita. Sconvolto dalla tragedia familiare, subito dopo la laurea abbandona la strada forense per dedicarsi alla letteratura, firmandosi Filippo Tommaso Marinetti. Le prime esperienze poetiche sono in lingua francese di stampo simbolista e risentono dell’influenza di Mallarmé e D’Annunzio. Tra il promettente Filippo Tommaso e il «Vate» nasce una rivalità, che li vede contrapposti sotto il profilo letterario. Pur ispirandosi al grande poeta pescarese, Marinetti si distingue per il gusto dell’orrido e del grottesco. I rapporti con D’Annunzio, soprattutto a livello aneddotico, sono raccolti nei volumi D’Annunzio intime e Les Dieux s’en vont, D’Annunzio reste pubblicati a Parigi. Nel 1905 con Sem Benelli e Vitaliano Ponti fonda la rivista Poesia. Che, nel 1909, diventerà l’organo ufficiale del movimento poetico futurista. In Asia scoppia il conflitto fra Cina e Giappone, l’Europa è in fermento, si stanno avvicinando i venti di guerra. Marinetti interviene con forza: occorre chiudere i ponti col passato, «distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie», e cantare «le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa»; «glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna». Il Pen non è ancora fondato, dovranno passare una decina d’anni prima che a Londra la scrittrice Dawson Scott decida di dar vita alla gloriosa associazione. Nel frattempo le idee contenute nel Manifesto di Marinetti dilagano in tutta Europa, ma le sue opere non sono molto apprezzate. Fischiato più volte dal pubblico, il poeta sfida a duello i suoi critici: nasce così il mito dell’uomo ribelle. Seguono denunce e processi, finché nel 1910 Filippo Tommaso viene assolto dall’accusa di oltraggio al pudore per il romanzo Mafarka. Al futurismo aderiscono molti intellettuali, pittori e scrittori, fra cui Aldo Palazzeschi che, assieme a Marinetti, organizza le famose «serate futuriste». Si tratta di spettacoli teatrali in cui gli autori si esibiscono nella lettura di testi. La gente partecipa e contesta, lanciando oggetti e ortaggi. Anche se il risultato è questo, Filippo Tommaso non si sconcerta. Anzi. Dal campanile di San Marco lancia il manifesto «Contro Venezia passatista», in cui propone di «colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi» per «preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa dominare il mare Adriatico, gran lago italiano». Lo scoppio della Prima guerra mondiale lo vede protagonista di imprese eroiche a fianco di Gabriele D’Annunzio e di azioni clamorose come l’incendio di bandiere austriache in piazza Duomo a Milano. Esperienze belliche di cui scriverà ne L’Alcova d’acciaio. Finita la guerra, il poeta è a fianco di Mussolini in piazza San Sepolcro a Milano tra i fondatori dei Fasci di Combattimento. Ma le divergenze con Mussolini lo porteranno a distaccarsi, pur restando nell’orbita fascista, dal futuro dittatore. Sostenuto dalla sua nuova compagna Benedetta Cappa, scrittrice e pittrice, e da amici come Corrado Govoni (che gli succederà alla presidenza del Pen Italia) e dallo stesso Papini, fonda il Tattilismo, concepito come un’evoluzione multi-sensoriale del Futurismo. La sua vena poetica si riaccosta al Fascismo e nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali fascisti in contrapposizione a quello degli oppositori al regime. Nel 1929 il Duce lo nominerà Accademico d’Italia. La sua adesione al Pen lo trova in contrasto con Lauro De Bosis e con Tommaso Gallarati Scotti, ferventi oppositori del regime fascista. Il mondo letterario italiano di quegli anni è profondamente spaccato dalla nascente ideologia e la dittatura non lascia grande margine alla libertà d’espressione, obiettivo principale dell’Associazione mondiale degli scrittori. Sul piano internazionale, il Pen di Londra si oppone alla dittatura italiana di Mussolini e a quella ottomana di Ataturk. Germania e Austria sono percorse dai tumulti che porteranno alla Repubblica di Weimar e al Nazionalsocialismo. La Spagna si avvia verso una resa dei conti interna, che sfocerà nella guerra civile. Non meno cruciale è la situazione in Russia, travolta dalla rivoluzione, dove la barbarie prende il sopravvento e il regime comunista semina terrore. Ecco la situazione politica in cui si trovava ad agire il Pen internazionale e, soprattutto, quello italiano. Lo scontro ideologico fra scrittori vedrà Filippo Tommaso Marinetti messo in stato d’accusa nel congresso di Dubrovnik. Wells chiede espressamente se il Pen Italiano dev’essere ancora considerato fra i Pen democratici od esserne escluso. Il congresso si conclude con un forte appello alla tutela della libertà d’espressione. Significativa la partecipazione di Marinetti al congresso di Buenos Aires, durante il quale egli si schiera contro il Nazismo, nonostante sostenga il regime fascista in quanto più tollerante verso gli artisti dissidenti. Sono affermazioni che portano ad uno scontro con lo scrittore francese Jules Romains, che chiede l’estromissione del Pen italiano. L’anno successivo il congresso mondiale si svolge a Parigi, ma la delegazione italiana non partecipa: non sono accettate le idee «antidemocratiche» del suo presidente. Il Pen italiano arriva ad una svolta. Siamo nel 1938. Marinetti lascia la presidenza. Gli succede il poeta Corrado Govoni, anch’egli fascista, ma più moderato. Il 1938 è anche l’anno in cui nel Teatro delle arti il poeta Filippo Tommaso si presenta con una mitragliatrice in spalla e attacca ferocemente i critici filo-tedeschi, il gerarca Roberto Farinacci e Telesio Interlandi. Sul palco, con lui, ci sono anche la moglie e le tre figlie. Ma ormai il declino di Marinetti è segnato. Rieccolo, a 66 anni, tenente-colonnello delle Camicie nere nella Campagna di Russia. Partecipa alla battaglia del Don da cui ritorna stanco e ammalato. Muore d’infarto a Bellagio, sul lago di Como, il 2 dicembre 1944. Nel Pen italiano è già icominciata la presidenza Govoni, l’ultima prima che tutto venga travolto dalla guerr

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