Da Ankara ad Istanbul un milione in marcia. Alla ricerca della Giustizia

Da Ankara ad Istanbul un milione in marcia. Alla ricerca della Giustizia

«Marcia per la giustizia» di 450 chilometri – da Ankara ad Istanbul – in Turchia. Nell’estate del 2017 vi hanno partecipato quasi un milione di persone, per protestare contro la condanna del deputato del Partito popolare Enis Berberoglu, a 25 anni di detenzione per aver fornito informazioni riservate al quotidiano d’opposizione Cumhurriet. Sulla «marcia», ecco un intervento della scrittrice e gionalista Zeynep Oral, presidente del Pen Turchia. 

di ZEYNEP ORAL

Vicini alla fine dell’anno, si tende già a fare un bilancio. Il mio 2017 è trascorso marciando… E non solo il mio, ma quello di tutti coloro che credono ancora in questo Paese che si chiama Turchia: abbiamo continuato a marciare. Non parlo soltanto della storica marcia dell’estate scorsa – dalla capitale, Ankara, ad Istanbul – cui hanno partecipato oltre un milione di persone di varie estrazioni sociali e di ogni credo, organizzata dall’opposizione ma appoggiata da tutti i partiti politici. Sto parlando della «marcia» di un intero anno: ogni qualvolta uno scrittore o un giornalista è finito in prigione… Ogni qualvolta un libro è stato messo al bando… Marce e proteste davanti ai palazzi di giustizia e di fronte alle prigioni… Ogni qualvolta uno studioso ha perso il suo lavoro per come la pensava. Abbiamo  marciato per la libertà di pensiero e per la libertà di espressione. Abbiamo marciato per il diritto all’eguaglianza e per la pace. Abbiamo marciato per la giustizia, senza la quale non può esserci democrazia. E per giustizia intendo quella vera, della quale beneficiano non solo il governo, ma tutti in maniera uguale. La nostra marcia era per il diritto di stare all’opposizione; diritto che ci è stato negato. Non possiamo esprimerci liberamente, senza avere paura.Abbiamo marciato per il diritto di vivere, per sottolineare che la vita è il valore più grande, Abbiamo marciato per i minatori di Soma, nella Turchia occidentale, vittime delle loro condizioni disumane di lavoro. Abbiamo marciato per difendere gli oltre 100mila impiegati e centinaia di studiosi che hanno perso il diritto al lavoro. Abbiamo marciato per dire di no alle guerre e alla violenza… Abbiamo continuato a marciare contro ogni forma di linciaggio. Abbiamo marciato per le donne sfruttate e molestate dentro le mura domestiche e fuori di casa, nelle stazioni di polizia o durante i processi. Abbiamo continuato a marciare per dare voce alle donne prive della loro voce… Abbiamo marciato per protestare contro il nuovo sistema di istruzione che contribuisce a crescere una nuova generazione vendicativa e piena di odio. Vogliamo che i nostri figli e i giovani crescano senza timori, con una formazione laico-scientifica, liberi nella loro creatività e in armonia con la propria coscienza. Più di un decennio fa, ormai, nel nome del «progresso» sono stati distrutte numerose foreste, fiumi, terre, ecc.. Abbiamo marciato per essere la voce di tutte queste foreste, di tutti questi alberi. Abbiamo nuovamente marciato per riavere il laicismo, il nostro bene più prezioso. Abbiamo continuato a marciare per fermare la contro-rivoluzione in ogni ambito: istruzione, arte e scienza, ecc. In breve: abbiamo marciato per difendere la nostra dignità umana, l’onore, l’orgoglio. Durante questa marcia la nostra sete di giustizia è diventata il tema centrale. La mia marcia continua tuttora alla ricerca della giustizia…©

(Traduzione dall’inglese di Rayna Castoldi)

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