Far rivivere Aristarco Scannabue

Far rivivere Aristarco Scannabue
di SEBASTIANO GRASSO

Giuseppe Baretti? Oggi lo si direbbe un tipo estroso, anticonvenzionale, controcorrente. Che so, come un Montanelli, un Feltri o un Travaglio. A 44 anni, il critico (Torino, 1719-Londra, 1789), sulla scia di alcuni giornali piuttosto frizzanti di Londra, città dove aveva vissuto alcuni anni, fonda a Venezia la Frusta letteraria, quindicinale polemico nei riguardi di scrittori che, secondo lui, era meglio non perder tempo a leggere. Il periodico ebbe vita breve – appena due anni – ma è passato alla storia per le sue stroncature (le «frustate», appunto) e per lo spirito innovativo, tant’è che, nel 1924, Piero Gobetti chiama la rivista letteraria da lui fondata Il Baretti. Lo scrittore sabaudo firmava i suoi strali irriverenti come Aristarco Scannabue. Pseudonimo che per alcuni anni avevo risuscitato sulla pagina dell’Arte del Corriere della Sera per qualche mostra o libro totalmente inutili e, talvolta, addirittura dannosi (così come la rubrica Fiori di testa, dedicata a scritti d’arte incomprensibili e arzigogolati di autori davvero «fuori di testa»). Spesso, non senza un certo mio divertimento, qualcuno mi chiedeva notizie sul nuovo collaboratore... Bene, da questo numero richiamiamo in servizio il buon Aristarco anche sul periodico del Pen Italia.

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