RICATTATI SCRITTORI E GIORNALISTI NEI BALCANI. MINACCIATO UN PROFESSORE BOSNIACO

RICATTATI SCRITTORI E GIORNALISTI NEI BALCANI. MINACCIATO UN PROFESSORE BOSNIACO
Sarajevo: «Ti taglieremo la gola»

di EMANUELE BETTINI

«I coraggiosi combattenti per la libertà di espressione e la democrazia sono un brillante esempio per tutti i cittadini e le comunità. Sono loro i veri eroi!». Con queste parole lo scrittore Boris Novak, vicepresidente del Pen International, introduce il rapporto sull’attuale situazione della libertà d’espressione nei Balcani, cui fa eco German Rojas, presidente del Comitato scrittori per la Pace. In Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo si sta facendo spazio la negazione di quanto accaduto nel recente passato. Vengono esaltati i criminali di guerra. Ciò denota il fallimento dello Stato. Molti scrittori e giornalisti indipendenti subiscono pressioni e ricatti: negati gli spazi pubblici per i dibattiti, ostacolati teatri e piccole case editrici nella loro attività. In sintesi, oltre alle minacce dirette e a possibili attacchi, si vogliono scoraggiare scrittori, giornalisti, attivisti della società civile e altre persone a impegnarsi direttamente. Si tende a comprare il loro silenzio e costringerli all’autocensura con campagne di disinformazione e diffamatorie online per renderli obiettivi di gruppi radicali ed esporli a minacce e violenza. È il caso degli scrittori bosniaci Dragan Markovina (Mostar, 1981) e Marko Tomaš (Lubiana, 1978). Anche il docente universitario bosniaco Enver Kazaz (1962), storico e critico letterario, è stato aggredito verbalmente e fisicamente a Sarajevo, nell’atrio della sua Facoltà di Filosofia, dal direttore di una rivista di destra, che lo ha minacciato affermando che «gli avrebbero tagliato la gola». Nel Kosovo la situazione ha un aspetto più subdolo. «Si tende a scoraggiare la lettura dei libri – spiega Shpëtim Selmani (1986), scrittore e attore albanese del Kosovo, tra i vincitori del premio dell’Unione europea per la letteratura 2020 – affermando che essi sono in crisi dappertutto». Alcuni mesi addietro, la giornalista televisiva Leonita Bajrami è stata attaccata con un ordigno pirotecnico nel corso di un servizio. La rete «Giornalisti sicuri» di Serbia, Macedonia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Kosovo, ha chiesto ai rispettivi governi di occuparsi degli attacchi ai media «perché ogni caso che rimane impunito porta a ulteriori crimini». Quando, addirittura, non è un uomo di Stato ad attaccare la Stampa,come nel caso da Dritan Abazovi´c – primo ministro del Montenegro dall’aprile 2022 all’ottobre del 2023 – che ha accusato il giornalista Milorad Popovi´c (Lipa Cucka, 1957), membro del Pen del suo Paese, di essere un agente nazionalista al soldo del crimine. Popovi´c è presidente della Società montenegrina degli scrittori indipendenti e direttore della rivista Ars. Da non dimenticare lo scrittore Marko Vidojkovi´c, che è stato costretto ad abbandonare la Serbia (con l’aiuto del Pen) nel febbraio 2023, dopo avere subito, assieme alla famiglia, minacce di morte. Vidojkovi´c, che è uno degli scrittori più conosciuti in Serbia, ha scritto Kandže (Artigli), una descrizione romanzata delle proteste studentesche di Belgrado del 1996-1997. Editorialista di vari quotidiani e portali (tra cui Danas e Buka) ed autore e conduttore, con Nenad Kula´cin, della video trasmissione Dobar, loš, zao, tratta temi politici e di attualità, ma anche dei crimini di guerra commessi a Srebrenica.

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