In «Memed il Falco», Kemal raccontò l’epopea dello zio materno, bandito-gentiluomo

In «Memed il Falco», Kemal raccontò l’epopea dello zio materno, bandito-gentiluomo
E Peter Ustinov trasformò il romanzo in un film

Amico di Orhan Pamuk, Yassar Kemal (1926-2015), morto da qualche mese a 89 anni, è stato il primo scrittore turco ad essere candidato al Nobel, soprattutto per la saga Memed il Falco (1955), tradotto in 40 lingue. Ha scritto 35 romanzi, di cui nove portati sullo schermo. Di origine curda, dirigente del Partito dei lavoratori, Kemal (pseudonimo di Kemal Sadik Gokceli) era stato arrestato più volte. La prima condanna nel 1950, ad un anno di reclusione. La seconda, nel 1996, ad un anno e otto mesi per le critiche espresse nei suoi libri su come il governo trattasse la questione curda. La sentenza venne sospesa. Nel ’71, dopo il golpe militare, andò in esilio per alcuni anni in Svezia. Kemal era nato nel villaggio di Kadirli, dove la sua famiglia, costretta ad abbandonare la città di Van, si era rifugiata durante la Prima guerra mondiale per sfuggire all’avanzata russa. Sin dall’infanzia, Yasar viene attratto dalle antiche tradizioni dell’Anatolia. Sognava – come racconterà egli stesso – di poter diventare un seguace di Karacaoglan, leggendario poeta popolare vissuto nel XVII secolo, «cantore dell’amore» (che si accompagnava suonando il saz, strumento a corde). La sua vita è stata segnata da una tragedia: a cinque anni, vide il padre morire per mano di un orfano adottato dalla sua famiglia. Un'esperienza terribile che gli avrebbe trasposto nel romanzo Salman il solitario (1980). Ancora ragazzino, perse l’occhio destro in un incidente. Abbandonata la scuola, lavorò nei campi e in fabbrica, fino a quando non acquistò una macchina da scrivere: riusci  infine a diventare giornalista, lavorando anche per il quotidiano di opposizione Cumhuriyet. In giovinezza, dopo alcuni racconti folkloristici, Kemal pubblicò la raccolta Il bambino dove c’erano già, in nuce, i motivi che avrebbe sviluppato nella sua narrativa. Quindi il romanzo Giallo caldo (1952) ed altri racconti usciti nello stesso anno vengono seguiti dalla memorabile saga di Memed il Falco, ispirata alla storia dello zio materno (il più celebre bandito-gentiluomo che si muoveva fra l’Anatolia orientale, l’Iran e il Caucaso). La vicenda (il cui grande respiro ricorda tre dei suoi scrittori piu' amati: Tolstoj, Cekov e Stendhal) era ambientata nella regione di Cukurova («Nessuno scrittore puo' essere un grande scrittore senza la sua Cukurova»); nel 1984 e' diventata il soggetto di un film di Peter Ustinov. Kemal, diceva il regista turco Elia Kazan, suo amico, «e' un narratore che va sul solco della tradizione piu' classica, quella di Omero, portavoce di quabti non hanna altra voce. La sua scrittura tocca, infatti,in particolare il tema della condizione degli oppressi: «La letteratura – diceva – si fa con il popolo». Lo scrittore ha anche avuto un ruolo di primo piano nella riforma del Pen turco, perseguitato in seguito al colpo di Stato del 1980. Nel 1989 il Pen e' rinato e Kemal e' stato eletto presidente, sino al 1991. Precedentemente aveva anche lavorato alla fondazione del Sindacato degli scrittori turchi. Attraverso la lettura di alcuni narratori dell’Anatolia – fra cui Evliya Celebi, Dede Korkut, Yunus Emre, Dadaloglu – è giunto ad una «classicita' modernizzata». Ha detto: «Nelle mie opere non ho mai voluto staccarmi dai valori umani che esistono nelle poesie popolari e nelle vecchie epopee». Fra i suoi libri tradotti in Italia: Bambini, Memed il Falco, Terra di ferro e cielo di rame, Trilogia della montagna, La collera del monte Ararat, Il canto dei mille tori, Tu schiaccerai il serpente, Gli uccelli tornano a volare, L’erba che non muore mai, editi tutti © da Tranchida. E.T

Tratto dalla Rivista n. 31 

 

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