di MARINA GIAVERI
Nell’Europa dell’entre-deux guerres, Paul Valéry, presidente del Pen club francese e membro dell’Académie, poeta ufficiale del suo Paese, era il simbolo di una tradizione di classica limpidezza che aveva saputo assorbire ed esprimere anche i turbamenti e le ambiguità del moderno. Era, come scrisse Borges, «il simbolo di un uomo infinitamente sensibile a ogni fatto e per il quale ogni fatto è uno stimolo che può suscitare un’infinita serie di pensieri». Nell’ultima metà del XX secolo, mentre la sua poesia appariva forse troppo algida e lontana alle nuove generazioni, la pubblicazione dei Quaderni, e poi di inediti riconducibili a inattese sperimentazioni di prosa poetica, ne ha trasformato l’immagine. Valéry è diventato l’uomo dedito per cinquant’anni alla riflessione sul funzionamento della mente, che ha cercato di cogliere con ibridi strumenti attinti alla matematica, alla logica o alla fisica; le poesie e i saggi che gli hanno dato fama appaiono ora semplici documenti della complessità di un’intelligenza tesa in una ricerca essenziale, tappe di un processo di conoscenza infinitamente perseguito a partire dall’analisi di se stesso e dei propri ritmi di pensiero. Le Opere scelte che escono il prossimo anno in Italia nella collezione Meridiani di Mondadori – e di cui pubblichiamo, in anteprima, alcune pagine inedite –, perciò, non offriranno solo la prima immagine completa di Valéry (di cui finora erano state pubblicate in Italia singole opere). Presenteranno un insieme di testi capace di documentare, accanto ai generi praticati (poesia – compresa quella dell’ultima, finora ignota, stagione amorosa –, prosa poetica, teatro, dialoghi, saggistica) anche la costruzione di quegli strumenti e quei modelli di conoscenza che l’hanno reso, come ben sintetizzava Borges, «un uomo i cui mirabili testi non esauriscono, e neppure definiscono, le sue multiformi possibilità».©
Tratto da pp. 1-5 della Rivista 25, ottobre-dicembre 2013