C’è qualcosa di nuovo nel Pen austriaco

C’è qualcosa di nuovo nel Pen austriaco

VIENNA

Niederle: «Contrastare gli imperi editoriali che danneggiano gli scrittori»

di Karl lubomirski

 Sorto nel 1923 a Vienna il Pen Club Austria ha due presidenti: Raoul Auernheimer (effettivo) e Arthur Schnitzler (onorario). Internato a Dachau nel ’38, Auernheimer dopo alcuni mesi, su intervento di Emil Ludwig, consigliere generale degli Usa, viene liberato ed emigra a New York. Piuttosto complesse le vicende del Pen austriaco. Nel 1933 durante l’XI congresso internazionale a Ragusa (Dubrovnik) la segretaria generale Grete von Urbanitzky e il delegato Felix Salten non partecipano alla protesta degli altri letterati contro il rogo dei libri da parte dei nazisti avvenuto alcuni giorni prima. I simpatizzanti col nazismo lasciano il Pen; molti letterati austriaci scelgono l’esilio. Nel ’38, il Pen, guidato da Hans von Hammerstein-Eguord, viene sciolto. Sequestrati patrimonio e archivio. Il sodalizio si ricostituirà nel ’47: nuovo presidente, il commediografo Theodor Csokor. Seguono Alexander Lernet-Holenia, Ernst Schönwiese, Erik Wickenburg, György Sebestyen, Alexander Giese, Wolfgang Greisenegger ed altri. Nel 2011 viene eletto l’etnologo e scrittore Helmuth Niederle. Nato nel 1949 a Vienna, Niederle è docente universitario e collabora con Die Furche, Wochenpresse, Der Standard, Pannonia Morgen, Die Brücke, Literatur und Kritik e con la radio nazionale austriaca. Fra le sue iniziative, quella di promuovere gli scrittori austriaci, accogliendo i loro libri nelle Edizioni Pen, coadiuvate dall’editore Loecker di Vienna.

Che cosa induce un letterato a prendere in mano la direzione di una istituzione letteraria novantenne?

La risposta può trovarla nel libro Gloria e miseria del Pen di Roman Rocek (2013) , dove si descrivono problemi e difficoltà di scrittori e traduttori in tutto il mondo e che Martin Walser ha sintetizzato nella famosa frase: «Uno scrittore è un uomo che cambia se stesso scrivendo». 

Come trova gli autori che le portano i manoscritti da pubblicare?

Imprevedibili. A volte ci consegnano opere inconciliabili, o quasi, con la carta del Pen, che impone la ricerca della pace fra le nazioni. 

Ritiene il Pen un’associazione di «inconciliabili»? 

Certamente. Che diventa quasi logica in una società conflittuale come la nostra. La figura del disadattato ha dominato il mondo degli artisti in genere e di quanti non vogliono far parte di alcuna associazione. 

Qual è il denominatore comune che unisce i membri del Pen Austria? 

Come prima cosa, la difesa della libertà. Sempre e ovunque.

Non è un criterio abbastanza comune?

Ha fatto bene a dire «abbastanza». Non mi riferisco soltanto a Hitler.

 Ma?... 

Gli scrittori austriaci sanno bene, che il loro mondo e la loro storia non sono soltanto l’austro-fascismo e che nel primo ventennio del XX secolo la letteratura del loro Paese era Weltliteratur (letteratura del mondo) con Kafka, Freud, Rilke, Musil, Werfel, Zweig, Canetti e tanti altri e, quindi , si trovano in una tradizione ben definita.

Può spiegarlo? 

Una volta i membri del Pen Austria erano gente famosa: Arthur Schnitzler, Hermann Bahr, Sigmund Freud, Franz Werfel, Stefan Zweig e molti altri. Occorrevano due garanti per entrare nel Club. Col passare degli anni e con l’evoluzione della società era necessaria una revisione. 

 Che cosa è cambiato?

Il nuovo orientamento inizia, fra il 1988 e il 1990, con il presidente György Sebestyen, che trasforma un Pen di giganti (premi Nobel, ecc.) nel Pen di oggi. Fuggito nel 1956 dall’Ungheria, dove aveva combattuto contro i comunisti, Sebestyen in Austria si avvale del suo carisma su pittori, scrittori, editori, poeti, fotografi, politici e inizia una sorta di network, riuscendo ad amalgamare gli interessi della cultura con l’ambizione dei vari esponenti pubblici.

Un’altra gestione del Pen… 

Diciamo che la «gestione Sebestyen» non è sempre democratica; sicuramente, molto efficiente. Nel simposio Il tempo buio. L’immagine degli anni dal 1938-1945 nella letteratura, Sebestyen invita tutti ad occuparsi delle tragedie recenti: «Ai morti serve poco, ma ai vivi sarà di grande aiuto», dice. Una fulminea e mortale malattia gli impedisce di completare la sua trasformazione del Pen. A Sebestyen succede Alexander Giese, un pensatore piuttosto scettico. In quel periodo viene creato il Comitato delle donne del Pen- International per opporsi alla discriminazione femminile. 

Che cosa vede nel futuro del Pen Austria? 

Contrastare gli imperi editoriali che danneggiano gli scrittori. Soprattutto di quelli che vivono fuori del Paese, cui vorrei dar voce pubblicando i loro libri.

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