Autore anche di Don Giovanni in Sicilia, Il bell’Antonio, Paolo il caldo, Vitaliano Brancati (1907-1954) amava soggiornare, d’estate, a Zafferana Etnea. E così pure Luigi Capuana, Federico De Roberto e Giovanni Verga. Fra l’altro, proprio a Zafferana, Brancati ha ambientato Paolo il caldo, che per decenni ha rappresentato una sorta di «viatico», per buona parte dei ragazzi siciliani che, in questo «eroe» borghese riuscivano, nel bene e nel male, a proiettare se stessi. Nel 1967, nasce l’idea di un Premio letterario a lui dedicato. Ideatore, Vanni Ronsisvalle, allora responsabile
dei servizi culturali della Rai.
Che chiama a far parte della giuria Corrado Cagli, don Antonio Corsaro, Dacia Maraini, Ugo Martegani, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Lucio Piccolo, Ezra Pound, Leonardo Sciascia. Già dalla prima edizione,
il «Brancati Zafferana» è foriero
di polemiche. La Maraini propone Aldo Braibanti, un intellettuale (che aveva fatto parte della Resistenza) autore di un paio di libri, condannato qualche mese prima a sei anni
di carcere per plagio nei riguardi
di un giovane ventiduenne.
In suo favore si mobilitano, inutilmente, Moravia, Pasolini, Bellocchio, Eco e Pannella. La proposta della Maraini scatena una vespaio. Alla fine viene premiato Il mondo salvato dai ragazzini (Einaudi) di Elsa Morante, ex moglie di Moravia. Sciascia si dimette (passeranno diversi anni prima che egli rientri in giuria). Achille Campanile scrive sul quotidiano
Il Tempo: «Meno male che Moravia non è musulmano. Mi spiego...». E cita, fra l’altro, il premio Formentor dato, nel ’64, alla scrittrice tedesca ventisettenne Gisela Elsner (1937-1992), che nel ’64-’65 ha vissuto a Roma ed é stata molto vicina all’autore de Gli indifferenti. Nel 1969 il «Brancati Zafferana» va a Pantaleone. Quindi, fra gli altri, a Giuseppe Bonaviri, (’73), Ercole Patti (’74), Sebastiano Addamo (’75), Carlo Bernari (’77), Luigi Malerba (’79), Cesare Zavattini (’81), Stefano D’Arrigo (’86), Gianni Vattimo (’87), Dominique Fernandez (’88). Nel 1994, il premio va ad Alexandre Solgenitsin, appena rientrato in Russia dagli Stati Uniti dove ha trascorso anni d’esilio e che nel 1970, ha avuto il premio Nobel. Il «Brancati Zafferana» gli viene consegnato all’Istituto italiano di Cultura di Mosca, allora diretto da Vittorio Strada. É l’ultima edizione cui partecipa Ronsisvalle che del «Brancati Zafferana» era stato l’anima. Il Premio passa di mano. Entrano: università di Catania, Regione e Provincia. Nuova giuria, nuovi premiati. E convegni, giornate di studio. Su scrittori siciliani o, comunque, legati all’isola. Si comincia con il centenario di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1996). Poi, con gli anni, vengono suoni, immagini e simboli dell’Etna; Leonardo Sciascia, intellettuale siciliano di cultura europea; la letteratura siciliana negli ultimi trent’anni; Pier Paolo Pasolini fra letteratura e cinema, Salvatore Quasimodo poeta, saggista e traduttore. Ed ancora: Stefano D’Arrigo, un caso letterario del secondo Novecento; l’immagine dell’isola nei letterati e viaggiatori antichi e moderni; Vitaliano Brancati cinquant’anni dopo; letteratura e resistenza; poesia in musica; Sicilia e Mediterraneo, fra oriente e occidente; a tavola con gli scrittori siciliani; miti di ieri e miti di oggi; il Risorgimento in Sicilia: cronaca, letteratura, immagini, e così via. Attualmente la giuria è composta da Luisa Adorno, Rosaria Barbagallo, Maurizio Cucchi, Antonio Di Mauro, Giorgio Ficara, Simonetta Fiori, Stefano Giovanardi, Piero Isgrò e Salvatore Scalia. Vanni Ronsisvalle, 83 anni, rievoca, nell’articolo che segue, come e perché nacque il Premio.
R. P.
Tratto pp. 29-31 della Rivista 26-27/2014